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Il Caravaggio

La vita turbolenta di Caravaggio: arte, duelli e sfide fino alla morte a Porto Ercole

Michelangelo Merisi, detto Caravaggio, visse una vita irrequieta e raminga, segnando la sua carriera con la scelta di modelli di strada.

Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio, ebbe una vita irrequieta e raminga che lo portò a concludere proprio a Porto Ercole la sua tormentata vita a soli 38 anni. Una scelta irriverente, quella di prendere come modelli per le sue opere uomini e donne di strada, gli inimicò i favori di Paolo V

Nonostante ciò, grazie alla sua fama ed a numerose amicizie importanti come quella con i Colonna, riuscì a esercitare liberamente la propria arte fino al 29 maggio 1606 quando, dopo aver ucciso in duello a Campo Marzio, il rivale Ranuccio Tomassoni, fu condannato a morte. Inseguito dai sicari del Papa e da quelli della famiglia della vittima, desiderosi di riscuotere la taglia sulla sua testa, fuggì prima a Napoli, poi in Sicilia, quindi a Malta

Qua rinunciò a tutti i suoi beni per entrare a fare parte del famoso Ordine di Cavalieri che ha come sede quest’isola e avere salva la vita. Tuttavia la sua indole turbolenta non si era sopita e fu espulso dall’ordine per rissa il 12 dicembre 1608. Arrestato e imprigionato alla Valletta riuscì però a fuggire in Sicilia, quindi a Napoli dove, nell’ottobre del 1609, nei pressi di una taverna, venne aggredito e sfidato a duello. Sopravvisse allo scontro, ma gravemente ferito e braccato, stanco di nascondersi, cercò di ottenere il perdono per rientrare a Roma

Per stipulare l’accordo contattò il Cardinale Scipione Borghese, suo vecchio amico e cugino del Papa. Il patto prevedeva la grazia in cambio di tre quadri. Caravaggio allora s’imbarcò con le opere su una feluca con destinazione Porto Ercole, dove attendere il condono in territorio spagnolo. Durante uno scalo a Palo Laziale però venne scambiato per un ricercato e subito arrestato

Riconosciuto l’errore, fu rilasciato la mattina seguente e cercò inutilmente di recuperare le opere rimaste sulla nave. Al suo arrivo a Porto Ercole, gravemente malato, venne portato all’ospedale di Santa Croce dove spirò in soli due giorni, il 18 luglio 1610. Il suo atto di morte non fu trascritto immediatamente e rimase su un foglietto, smarrito per secoli tra le carte della chiesa fino a poco tempo fa. Fu sepolto nella fossa comune insieme ai poveri, dietro a quella che allora era la spiaggia di San Sebastiano. Tra i tre quadri smarriti c’era anche il San Giovanni Battista, l’unico che, ad un anno dalla morte del pittore, arrivò nelle mani di Scipione Borghese.