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A Porto Ercole, dove morì Caravaggio nel 1610,
si trovano monumenti e l’arca funeraria che conserva i suoi resti,
ricordando la sua tormentata vita e morte.
A Porto Ercole, luogo di morte di Michelangelo Merisi detto il Caravaggio purtroppo non è conservato nessun quadro. Ci sono però tre opere erette in sua memoria ed è possibile vedere con i propri occhi non solo le ossa del pittore ma anche quella che probabilmente fu la sua ultima dimora. La prima tappa è un vero e proprio monumento: una spada, una grata e un matello in corten giacciono appoggiati sopra una colonna romana di granito ripescata dalle acque del porto un chiaro richiamo non solo alla turbolenta vita del pittore ma anche ad uno dei suoi dipinti iconici: la deposizione di Cristo. È posizionato lungo la strada principale del paese (non a caso Viale Caravaggio) più o meno nel punto in cui sono stati ritrovati i suoi resti, ora conservati in un’arca funeraria nel cimitero del paese.
Il percorso prosegue poi nel borgo antico di Porto Ercole che si raggiunge percorrendo il lungomare e risalendo la scalinata degli Spagnoli fino alla porta senese. Qua, proprio all’ingresso del paese vecchio, è affisa una targa in ottone che recita: “Qui chiudeva la sua tormentata vita Michelangelo da Caravaggio pittore dopo che la potenza del suo genio aveva creato uno dei più fulgidi movimenti dello spirito umano”.
Questo omaggio probabilmente risale agli anni ’70 del secolo scorso, infatti riporta la data di nascita errata, 1573, poi corretta con 1571 dopo il ritrovamento dell’atto di nascita del pittore a Milano. Infine, risalendo le strette viuzze del borgo, dove è possibile ammirare anche il Palazzo del Governatore o Piazza Santa Barbara, si arriva a quello che un tempo era la chiesa ospedale di Santa Croce. L’edificio, oggi sconsacrato, presenta un portale in pietra calcarea sui cui stipiti sono incise due croci.
Questo è il luogo in cui molto probabilmente il Caravaggio trascorse i suoi ultimi giorni di vita tra il 16 e il 18 Luglio 1610. Sulla testa del pittore pendeva una pena capitale ed egli era alla disperata ricerca della feluca che trasportava i suoi quadri. I tre dipinti erano infatti la sua unica speranza per ricevere la grazia pontificia. Ferito, malato, provato dal caldo, svenne, per questo fu soccorso e portato all’ospedale della confraternita di Santa Croce che accoglieva gli stranieri. Dopo due giorni di agonia, il 18 Luglio del 1610, morì e venne sepolto nella fossa comune del cimitero di San Sebastiano.
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